Iraq, moglie Cc morto a Nassiriya: mi parlò delle torture |
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Scritto da Noreporter.org
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Mercoledì 12 Maggio 2004 01:00 |
Pina Bruno, vedova di uno dei caduti di Nassiriya, al Tg3 "Massimiliano ha visto come trattavano i prigionieri iracheni" Torture, rivelazione-choc "Mio marito ha visto tutto" L'opposizione al governo: "Avete mentito? Ora dite la verità Anche Amnesty denuncia: "L'esecutivo era informato" 
ROMA - Il governo italiano sapeva delle torture in Iraq? E i nostri comandi militari? La domanda circola da giorni. Con crescente inquietudine. Ma dalle sette di questa sera, ora di inizio del Tg3, diventa una valanga. Perché - mentre Amnesty ribadisce che le autorità italiane erano informate - ora sappiamo che c'è un soldato italiano che sapeva. Che ha visto quel carcere. E si è inorridito. Si chiama Massimiliano Bruno. E' uno dei caduti di Nassiriya, che raccontò a suo tempo alla moglie Pina ciò che aveva visto ad Abu Ghraib, il carcere degli orrori.
L'intervista a Pina Bruno. Una sintesi della conversazione nella quale la donna racconta quel che le disse Massimiliano, è stata trasmessa nella edizione serale del Tg3. La versione integrale andrà in onda alle 23.20, in Primo Piano. Sono parole che pesano come pietre. E che provocano una pressante richiesta di chiarimento dell'opposizione al governo, che ha sempre detto di essere all'oscuro di tutto. Eccole.
"Ho visto quel carcere - racconta Pina Bruno citando le il racconto del marito - e ho visto che trattavano i prigionieri peggio degli scarafaggi, una cosa squallida, bruttissima, li tenevano nudi". E ancora: "Se me lo raccontavano non ci avrei creduto, siamo nel 2000, neanche nella prima guerra mondiale c'erano queste torture... c'erano dei posti sotterranei dove si nascondevano e nascondevano questi iracheni".
Ma soprattutto: i carabinieri avevano denunciato questi fatti? Pina Bruno non ha dubbi: "I superiori lo sanno, sono lì, fanno finta di non aver sentito, Massimiliano mi disse che ognuno aveva un compito, c'era una persona che comunicava quello che aveva visto, quello che succedeva e quello che stava per succedere e poi comunicava all'Italia, è assurdo che dicano che non sapevano niente".
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Bagarre alla Camera. Pochi minuti, e il clima politico si surriscalda. E' bagarre in aula, dove Pierluigi Castagnetti della Margherita annuncia cosa ha appena trasmesso la terza rete Rai. Dai banchi della maggioranza lo apostrofano con le grida di "buffone" e "sciacallo". Il centrosinistra chiede che il governo venga subito a riferire in aula. Il clamore si fa sempre più assordante. Il Presidente di turno Biondi grida: "Basta! Non siamo allo stadio!".
Il leader dei Verdi Pecoraro Scani chiede le dimissioni dei ministri Frattini e Martino. Il capogruppo del Pdci Marco Rizzo parla di "annuncio che lascia sgomenti", e di un premier "che ha mentito". Poi parla Rutelli: "Abbiamo chiesto al governo sin dall'inizio di dire la verità. Abbiamo avuto risposte secche e nette, mi auguro che chi le ha date non se ne debba pentire".
La maggioranza contrattacca: Ignazio La Russa (An) "visto che il governo non sapeva", parla di attacchi ai Carabinieri da parte dell'opposizione. Luca Volontè (Udc) torna a dirsi convinto che "il governo non fosse a conoscenza di quanto accadeva". Da Forza Italia giungono accusa di sciacallaggio al centrosinistra.
Anche Amnesty denuncia: l'esecutivo sapeva. Per il governo la posizione si fa difficile. E si annuncia infuocato il question time di domani con il ministro Martino. Anche perché proprio oggi, prima delle rivelazioni del Tg3, la sezione italiana di Amnesty International sostiene che l'argomento torture "fu oggetto, il 3 luglio 2003, di una comunicazione del Sottosegretario agli Esteri Margherita Boniver alla Commissione Affari Esteri della Camera''.
Ricorda Amnesty: rispondendo a una interrogazione dell'on. Piscitello la Boniver affermava che "in relazione alle denunce sulle condizioni ri |
La famiglia dell'ostaggio americano decapitato accusa le forze della coalizione |
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Scritto da repubblica.it
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Mercoledì 12 Maggio 2004 01:00 |
"Se lo avessero rilasciato subito gli americani Nick oggi sarebbe vivo", ha detto Michael Berg, il padre. La famiglia di Nick Berg, il giovane americano decapitato in un macabro video diffuso su un sito Web legato ad al Qaeda, ha espresso rabbia verso il governo americano e i militari Usa che in marzo hanno lo hanno detenuto senza ragione, senza alcuna incriminazione né accesso a un telefono e men che meno a un avvocato. Nick Berg, un piccolo imprenditore nel settore delle telecomunicazioni, aveva 26 anni. Era andato in Iraq per suo conto ma non aveva trovato lavoro e aveva deciso che sarebbe tornato in patria il 30 marzo. Il 24 marzo aveva parlato con i genitori annunciando la data della partenza, ma lo stesso giorno era stato fermato dalla polizia irachena a un posto di blocco di Mossul. Consegnato alle autorità americane era stato detenuto per 13 giorni senza avvocato o la possibilità di comunicare con l'esterno, hanno rivelato adesso i suoi genitori.
Il 31 marzo agenti dell'Fbi avevano fatto visita a casa dei Berg a West Chester in Pennsylvania e chiesto ai genitori di confermare l'identità del figlio. Il 5 aprile, stanchi di non avere più notizie, i Berg si erano rivolti a un tribunale di Filadelfia denunciando le forze armate Usa per arresto illegale di un cittadino americano. Il giorno dopo Nick era di nuovo libero.
Ai primi di aprile in Iraq è cominciata la stagione dei rapimenti: il 9 aprile, l'ultimo giorno in cui il giovane ha parlato con casa, nove americani tra cui sette civili alle dipendenze dell'Halliburton, sono mancati all'appello.
Berg padre è un fervente pacifista, ma Nick non andava d' accordo con lui. "Nick era per Bush. Per lui la guerra in Iraq era una guerra giusta che avrebbe portato la democrazia dove la democrazia non c'era", ha detto Michael. |
Lynndie England: "obbedivo agli ordini" |
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Scritto da repubblica.it
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Mercoledì 12 Maggio 2004 01:00 |
"Stavamo facendo il nostro lavoro, il che significa che stavamo eseguendo ciò che ci era stato ordinato ed il risultato era ciò che i superiori volevano".  Nuovi particolari sulle torture ad Abu Ghraib emergono dall'intervista a Lynndie England (la soldatessa che compare in diverse pose nelle foto che testimoniano le torture in Iraq) all'emittente Kcnc di Denver in Colorado. Dal carcere militare di Fort Bragg, dov'è detenuta, la England conferma di aver "ricevuto istruzioni da persone di grado superiore di posare lì, di tenere questo guinzaglio...loro poi hanno scattato le foto". E ancora: "Certo, pensavo che fosse tutto un pò strano, ma per quanto ci riguarda stavamo facendo il nostro lavoro, il che significa che stavamo eseguendo ciò che ci era stato ordinato ed il risultato era ciò che i superiori volevano".Alla domanda se i prigionieri ricevessero trattamenti anche peggiori la ragazza risponde "sì", senza però dare altre spiegazioni". |
Torture: Bush è con Rumsfeld |
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Scritto da Lastampa.it
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Martedì 11 Maggio 2004 01:00 |
Alla Difesa «lavoro superbo». Il presidente
vede foto inedite al Pentagono: faremo giustizia 11 maggio 2004
BAGHDAD (Iraq). Il presidente George W. Bush non scarica il segretario alla difesa Donald Rumsfeld. Anzi, al termine di una visita al Pentagono, ne fa un forte elogio, lodandone il coraggio e la leadership: «L'America ha un debito di riconoscenza nei suoi confronti, sta facendo un lavoro superbo», dice.
Nella bufera per le sevizie inflitte da soldati americani a detenuti iracheni, Rumsfeld resta, dunque, al suo posto, con tutto lo Stato Maggiore della difesa americano, confortato dalle parole del presidente. Almeno per ora. Lo scandalo delle sevizie nel carcere di Abu Ghraib tiene in serbo altre puntate, migliaia d'immagini di umiliazioni e di violenze. Se ne rende conto di persona Bush, che, al Pentagono, vede una ventina di foto e mini-video finora inediti: squallidi souvenir della campagna della vergogna divenuti la prova schiacciante e imbarazzante di comportamenti abominevoli.
Le immagini mostrate a Bush non riguardano stupri, ma sono «sconvolgenti»: contengono - a quanto s'è appreso - «atti di degradazione dell'individuo e comportamenti inappropriati anche di natura sessuale».
È la prima volta che il presidente vede qualcosa che non sia già stato pubblicato. «La sua reazione - racconta il suo portavoce Scott McClellan - è stata di profondo disgusto e d'incredulità» che soldati americani abbiano potuto arrivare fino a quel punto d'aberrazione e degrado.
Casa Bianca e Pentagono stanno valutando se cercare di controllare il danno della pubblicazione di foto e video diffondendone una parte di loro iniziativa, evitando di mettere in circolazione solo i documenti più crudi.
Oggi una parte del materiale sarà mostrato a deputati e senatori: un gruppo ristretto, per limitare le fughe di notizia alla stampa (che, comunque, ci saranno).
Al termine della visita al Pentagono, dove ha ricevuto un rapporto dettagliato sull'andamento del conflitto e sullo scandalo delle sevizie, Bush è parso teso e scuro in volto dopo avere ribadito il suo appoggio allo staff politico-militare dice che i responsabili dello scandalo saranno individuati e giudicati. Le loro azioni, nota, «hanno causato danno» agli Stati Uniti «ben oltre le mura della prigione» degli orrori di Abu Ghraib contribuendo ad ispessire i dubbi sulla missione americana e sulle sue motivazioni. Bush parla di «abusi crudeli e disgraziati» che sono «un insulto al popolo iracheno» e «un affronto ai livelli più elementari di moralità e di decenza».
La linea politica resta però inalterata; la priorità è - dice - la sicurezza dell'America; «daremo alle nostre truppe tutti i mezzi necessari per portare a termine il loro lavoro. Intendiamo completare l'opera che abbiamo cominciato verso un Iraq libero e democratico».
lastampa.it |
Scritto da Famiglia Cristiana (Fulvio Scaglione)
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Martedì 11 Maggio 2004 01:00 |
Sempre più esigui i contributi per le ricostituzioni postbelliche di un paese distrutto da due guerre e da un severissimo embargo. «Il problema, innegabile, è questo: i militari sono solo una componente del nation building, della ricostruzione di una nazione». Impossibile non dar ragione al generale Giulio Fraticelli, capo di Stato maggiore dell’Esercito, quando fa notare, in una recente intervista, che l’impiego delle truppe non è la soluzione quando il problema è quello di uno Stato che si disgrega e di una nazione che drammaticamente si divide. Una realtà che non riguarda solo il contingente italiano di stanza a Nassiriya e neppure il solo caso, pur clamoroso, dell’Iraq.Se andiamo a ripercorrere i dati, vediamo che il nation building sta ottenendo sempre meno fondi. In Kosovo sono stati spesi 814 dollari l’anno per abitante, a Timor Est 256, in Bosnia 249, giù giù fino ai poveri 67 dollari l’anno per abitante spesi finora in Afghanistan. Facile notare che i contributi ai vari dopoguerra si son fatti via via più esangui, anche perché nel frattempo siamo intervenuti in Paesi sempre più grandi e popolosi.
L’Occidente e i suoi alleati, insomma, non hanno abbastanza quattrini (o li hanno e non possono spenderli) per tutte le imprese in cui si lanciano. Saranno conti della serva, ma sarebbe stato meglio tenerli a portata di mano prima di promettere la ricostruzione dell’Irak. Non bastano gli interventi armati, dunque, e neppure le forze armate, come ricorda il generale Fraticelli. Il quale, poi, per carità di patria, evita di affondare il colpo e si limita a lamentare l’assenza delle "associazioni non governative" e delle "organizzazioni internazionali" dalla regione irachena controllata dalle truppe italiane.
È una rimostranza che i nostri soldati hanno finora espresso solo a mezza bocca, ma che è ben presente ai loro occhi, anche perché gli ordini e le priorità della missione in Irak sono chiari: primo, garantire la sicurezza dell’area; secondo, agevolare l’afflusso degli aiuti umanitari e la ricostruzione. I contingenti che si sono avvicendati a Nassiriya, invece, hanno dovuto fare l’uno e l’altro: proteggersi e proteggere gli iracheni, ma anche far ripartire la centrale elettrica, distribuire gli stipendi agli ex soldati, asfaltare le strade.
Per i Britannici le torture sono una "normale procedura" |
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Scritto da AGI/REUTERS
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Martedì 11 Maggio 2004 01:00 |
Anche se il novanta per cento dei detenuti iracheni erano stati arrestati per sbaglio.
Ma le truppe della Coalizione non vanno troppo per il sottile. Ai funzionari della Croce Rossa che avevano visto i prigionieri iracheni tenuti per giorni e giorni nudi e incatenati a buio, i militari britannici risposero che quel trattamento faceva "parte della procedura": la denuncia e' contenuta nelle 24 pagine del rapporto della Croce Rossa sulle sofferenze inflitte alla popolazione irachena per mano delle truppe della coalizione che occupa l'Iraq. Nelle anticipazioni trapelate su quel rapporto si apprende che, secondo i servizi di informazione militari, fino al 90 per cento dei detenuti nelle carceri iracheni erano stati catturati per sbaglio. Secondo la Croce Rossa (ai cui funzionari viene riconosciuta particolare libertà di accesso nei campi di prigionia delle zone di guerra), abusi e maltrattamenti inflitti ai prigionieri "andarono oltre i casi eccezionali, e potrebbero essere considerati una prassi tollerata dalle Forze della Coalizione". In alcuni casi, denuncia il rapporto, il trattamento inflitto ai prigionieri "equivale alla tortura".
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L'effetto torture si allarga a macchia d'olio |
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Scritto da ANSA
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Martedì 11 Maggio 2004 01:00 |
In Afghanistan, nel carcere di Shibergan, novecento prigionieri torturati e umiliati, sono stati trasferiti a Kabul. KABUL, 11 MAG - Trasferiti a Kabul circa 900 prigionieri afghani dopo uno sciopero della fame per i maltrattamenti subiti nel carcere di Shibergan. Il trasferimento e' avvenuto su 'decreto presidenziale', ha precisato il direttore delle carceri Abdul Salam Bashshi. I detenuti, catturati durante l'offensiva Usa contro il regime taleban, ora si trovano in una prigione alla periferia orientale di Kabul. Un tribunale di Kabul vaglierà individualmente la loro situazione. |
Putin decora Kadyrov alla memoria |
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Scritto da ANSA
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Martedì 11 Maggio 2004 01:00 |
Conferita la Stella di eroe della Russia alla memoria del Presidente ceceno.
Vladimir Putin conferma l'intenzione di non cedere sul fronte ceceno. Prosegue la guerra trasversale per il controllo dell'Asia centrale Il presidente russo Vladimir Putin ha compiuto una visita lampo oggi a Grozny, due giorni dopo l'uccisione Akhmad Kadyrov, per consegnare alla famiglia del presidente ceceno la massima onorificenza militare: 'la stella di eroe della Russia'. Alla vedova di Hussein Issaiev, capo del consiglio di Stato ceceno, Putin ha conferito 'l'ordine del coraggio'. Putin ha riferito della sua visita durante una riunione del governo svoltasi a Mosca dopo il suo rientro. Il presidente russo, ai membri del governo russo, con i quali si è incontrato al suo rientro a Mosca dopo il viaggio lampo, ha detto che in Cecenia, 'una serie di questioni necessitano di risposte rapide e operative'. E ha impartito al ministro degli interni Rashid Nurgaliev l'istruzione d'inviare in rinforzo in Cecenia altri 1.125 uomini delle truppe de |
Scritto da iraqlibero.net
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Martedì 11 Maggio 2004 01:00 |
Panorama delle installazioni statunitensi sul suolo italiano. E' poco più della "riconoscenza" che il Presidente del Consiglio ci invita ad avere nei confronti degli americani... Le sigle USAF: aviazione Navy: marina Army: esercito NSA: National security agency [Agenzia di sicurezza nazionale] SETAF: Southern european task force [Task force sudeuropea]
Elenco per regioni
TRENTINO ALTO ADIGE
1. Cima Gallina [Bz]. Stazione telecomunicazioni e radar dell'Usaf.
2. Monte Paganella [Tn]. Stazione telecomunicazioni Usaf.
FRIULI VENEZIA GIULIA
3. Aviano [Pn]. La più grande base avanzata, deposito nucleare e centro di telecomunicazioni dell'Usaf in Italia [almeno tremila militari e civili americani ]. Nella base sono dislocate le forze operative pronte al combattimento dell'Usaf [un gruppo di cacciabombardieri ] utilizzate in passato nei bombardamenti in Bosnia. Inoltre la Sedicesima Forza Aerea ed il Trentunesimo Gruppo da caccia dell'aviazione Usa, nonché uno squadrone di F-18 dei Marines. Si presume che la base ospiti, in bunker sotterranei la cui costruzione è stata autorizzata dal Congresso, bombe nucleari. Nella base aerea di Aviano (Pordenone) sono permanentemente schierate, dal 1994, la 31st Fighter Wing, dotata di due squadriglie di F-16 [nella guerra contro la Jugoslavia nel 1999, effettuo' in 78 giorni 9.000 missioni di combattimento: un vero e proprio record] e la 16th Air Force. Quest'ultima è dotata di caccia F-16 e F-15, e ha il compito, sotto lo U. S. European Command, di pianificare e condurre operazioni di combattimento aereo non solo nell'Europa meridionale, ma anche in Medio Oriente e Nordafrica. Essa opera, con un personale di 11.500 militari e civili, da due basi principali: Aviano, dove si trova il suo quartier generale, e la base turca di Incirlik. Sara' appunto quest'ultima la principale base per l'offensiva aerea contro l'Iraq del nord, ma l'impiego degli aerei della 16th Air Force sara' pianificato e diretto dal quartier generale di Aviano.
4. Roveredo [Pn]. Deposito armi Usa.
5. Rivolto [Ud]. Base USAF.
6. Maniago [Ud]. Poligono di tiro dell'Usaf.
7. San Bernardo [Ud]. Deposito munizioni dell'Us Army.
8. Trieste. Base navale Usa.
VENETO
9. Camp Ederle [Vi]. Quartier generale della Nato e comando della Setaf della Us Army, che controlla le forze americane in Italia, Turchia e Grecia. In questa base vi sono le forze da combattimento terrestri normalmente in Italia: un battaglione aviotrasportato, un battaglione di artiglieri con capacità nucleare, tre compagnie del genio. Importante stazione di telecomunicazioni. I militari e i civili americani che operano a Camp Ederle dovrebbero essere circa duemila.
10. Vicenza: Comando Setaf. Quinta Forza aerea tattica [Usaf]. Probabile deposito di testate nucleari.
11. Tormeno [San Giovanni a Monte, Vi]. Depositi di armi e munizioni.
12. Longare [Vi]. Importante deposito d'armamenti.
13. Oderzo [Tv]. Deposito di armi e munizioni.
14. Codognè [Tv]. Deposito di armi e munizioni.
15. Istrana [Tv]. Base Usaf.
16. Ciano [Tv]. Centro telecomunicazioni e radar Usa.
17. Verona. Air Operations Center [Usaf ]. e base Nato delle Forze di Terra del Sud Europa; Centro di telecomunicazioni [Usaf].
18. Affi [Vr]. Centro telecomunicazioni Usa.
19. Lunghezzano [Vr]. Centro radar Usa.
20. Erbezzo [Vr]. Antenna radar Nsa.
21. Conselve [Pd ]. Base radar Usa.
22. Monte Venda [Pd]. Antenna telecomunicazioni e radar Usa.
23. Venezia. Base navale Usa.
24. Sant'Anna di Alfaedo [Pd]. Base radar Usa.
25. Lame di Concordia [Ve]. Base di telecomunicazioni e radar Usa.
26. San Gottardo, Boscomantivo [Ve]. Centro telecomunicazioni Usa.
27. Ceggia [Ve]. Centro radar Usa.
LOMBARDIA
28. Ghedi [Bs]. Base dell'Usaf, stazione di comunicazione e deposito di bombe nucleari.
29. Montichiari [Bs]. Base aerea [Usaf ].
30. Remondò [Pv]. Ba |
«Pronti a proclamare lo Stato di Palestina» |
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Scritto da Noreporter.org
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Lunedì 10 Maggio 2004 01:00 |
«Una cosa è certa: non aspetteremo che Ariel Sharon metta in atto il suo piano di segregazione razziale. Non permetteremo che Israele trasformi le
aree autonome palestinesi in ghetti e che inglobi ciò che resta dei Territori.
La realizzazione del Muro dell'apartheid distrugge ogni spazio di dialogoe affossa qualsiasi soluzione negoziale del conflitto israelo-palestinese fondata sul principio di due Stati. Ciò che intendiamo mettere in atto èuna grande offensiva politica e diplomatica che contempli tra le sue opzioni anche quella di una proclamazione unilaterale dello Stato di Palestina»..Ad affermarlo è Yasser Abed Rabbo, membro del Comitato esecutivo dell'Olp,uno degli artefici dell'«Accordo di Ginevra». Rabbo boccia anche il piano di evacuazione degli insediamenti ebraici nella Striscia di Gaza delineato da Sharon: «Le dichiarazioni di Sharon sulla evacuazione delle colonie - sostiene Rabbo - sono un imbroglio con cui il premier israeliano cerca di coprire il suo piano di separazione razzista». Il blocco della costruzione del Muro sarà uno dei temi al centro della missione in Europa del primo ministro palestinese Ahmed Qrei (Abu Ala), che da stasera sarà a Roma dove,nei due giorni di peramnenza, incontrerà il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, i leader dellopposizione, le massime autorità dello Stato e, giovedì, il Papa. «Ai nostri interlocutori europei - sottolinea Rabbo - chiederemo di essere coerenti con i pronunciamenti contrari alla realizzazione del Muro e di agire su Israele perché ponga fine a questo atto di inaudita gravità». Rabbo insiste molto sul fattore tempo. «Non possiamo aspettare - ripete - che Sharon metta in pratica i propri proponimenti. Dobbiamo reagire prima. Ed è ciò che faremo». E tra le reazioni possibili c'è anche la proclamazione unilaterale di indipendenza: «Si tratterebbe - spiega l'ex ministro dell'Informazione dell'Anp - nell'autoproclamazione dell'Autorità nazionale palestinese come autorità che rappresenta uno Stato palestinese indipendente entro i confini del 1967 (quelli antecedenti alla Guerra dei Sei giorni, ndr.), con Gerusalemme Est come capitale. Quindi sarà chiesto il riconoscimento delle Nazioni Unite e della comunità internazionale. Ad una mossa unilaterale estrema e senza ritorno, come è quella della realizzazione da parte israeliana del Muro in Cisgiordania, saremo costretti a replicare con un atto di analoga portata».
Il premier palestinese Abu Ala ha iniziato la sua missione in Europa insistendo sulla pericolosità del Muro in Cisgiordania. Condivide questa preoccupazione? «Certamente. Chiunque abbia a cuore la pace in Medio Oriente deve far sentire la sua voce contraria ad una forzatura unilaterale condotta dal governo israeliano che, se portata a termine, chiude lo spazio ad ogni soluzione negoziale del conflitto israelo-palestinese. Il piano delineato da Ariel Sharon ha come obiettivo quello di trasformare le zone palestinesi più popolate in ghetti e a usurpare il resto dei Territori». Ma il premier israeliano parla anche di evacuazione dei coloni dalla Striscia di Gaza. «Non cadremo nella trappola di Sharon. Le sue dichiarazioni sull'evacuazione delle colonie di Gaza, con il trasgerimento dei settimila coloni negli insediamenti in Cisgiordania, sono un imbroglio che serve a coprire un piano di segregazione razziale indegno di un Paese che si dice democratico». Come intendete opporvi a questo progetto? «Con le armi della politica e della diplomazia. Stiamo valutando diverse opzioni e tra queste vi è anche, come extrema ratio, la proclamazione unilaterale di indipedenza». Una prospettiva che Israele interpreta come una dichiarazione di guerra.
«E cos'è la costruzione del Muro se non il proseguimento della guerra scatenata contro il popolo palestinese? Questo atto arbitrario è stato condannato dalla stragrande maggioranza degli Stati membri delle Nazioni Unite, eppure Israele fa finta di nulla. Cosa dovremmo fare? Restare in silenzio, o rallegrarci se Israele modificherà di qualche metro il tragitto del Muro? Ci siamo appellati alle Nazioni Unite, abbiamo investito della questione la Corte di giustizia internazionale dell'Aja, e anche questo è stato visto dai governanti israeliani come una provocazione. Sharon sostiene a parole di essere ancora legatoalla Road Map (il Tracciato di pace messo a punto dal Quartetto Usa-Ue-Onu-Russia, ndr.) ma con i fatti sta già realizzando il suo piano di separazione unilaterale, che una volta portato a compimento realizzerà nei Territori un regime segregazionista degno del Sudafrica dell'apartheid». Dalla separazione all'integrazione. Come valuta la proposta emersa dalla |
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